I misteri della Calabria

  • Casa Editrice Meridionale, 1952
  • Qualecultura/Jaca Book, 2003

A prima vista questo libro può apparire come una semplice ordinata raccolta degli articoli scritti da Mario La Cava per vari giornali e riviste negli anni 1945/49, in quel periodo di fondazione che fece seguito alla fine della seconda guerra mondiale ed alla caduta del regime sabaudo e del regime fascista.

E tale sembra presentarla l’autore nella breve prefazione, quando nel 1952 decide di operare una scelta di quegli scritti e di darla alle stampe presso la Casa Editrice Meridionale di Reggio Calabria, sotto il titolo “I misteri della Calabria“. Non è difficile tuttavia accorgersi che il libro è frutto di un vigile, costante lavoro di meditazione sulla Calabria, costruito giorno per giorno attraverso due modalità fondamentali, quella della partecipazione personale e quella, insieme, del distacco del moralista; una meditazione costantemente resa manifesta in quell’ininterrotto colloquio che Mario La Cava con le sue opere è andato intessendo con gli altri, ed in particolare con gli altri della sua comunità di origine e di elezione, ragione per lui di incondizionato amore e di coriacea sofferenza. Si può ragionevolmente dire che il libro precede in un certo senso i pezzi dei quali è formato e si pone come una delle riflessioni sulla Calabria dalla quale non è possibile prescindere.

Può avvenire che, scorrendo le pagine dell’opera, il lettore si chieda dove sono i misteri della Calabria, dal momento che tutto sembra svolgersi davanti ai suoi occhi illuminato da una nitida luce, che non concede spazio ad incertezze o ad ombre.

Tuttavia, procedendo nella lettura è possibile che nel lettore, specie se meridionale, specie se calabrese, si insinui un disagio ed un interrogativo inquietante. Perché siamo così, nel modo come il paziente ed implacabile La Cava ci va via via mostrando, e non in altro modo; che cosa sta veramente dietro ai tratti e ai segni che caratterizzano la nostra fisionomia morale e politica, a cui non facciamo più caso, abituati come siamo a vederli ogni giorno ed ogni giorno a calarci in essi come fossero naturali? La luce che Mario La Cava getta sulle cose, ponendosi “con spirito di verità e di amore” il problema “dell’inferiorità della Calabria”, apre all’esplorazione del mistero più profondo e decisivo che è quello del proprio essere, del proprio essere nel mondo, del proprio modo di vedere e di vedersi, delle pieghe più profonde, virtù e deformazioni, che ci determinano, ci muovono, ci chiudono.

L’esplorazione di La Cava, in questo libro accortamente selezionato e indirizzato alla conoscenza di quegli anni della nostra realtà, costituisce un contributo di notevole spessore per la formazione della nostra identità. Consentendo di guardarci dentro senza indulgenze ma anche senza catastrofismi, e di vedere sotto luce chiara quello che oggi siamo, essa ci consente di intravedere anche quello che avremmo potuto essere e non siamo: poiché, è stato osservato, l’identità è data anche da questo, forse soprattutto da questo.