Omissione di soccorso

  • Città del Sole, 2018

A quarant’anni dal sequestro e dall’uccisione di Aldo Moro sono tante le pubblicazioni edite di recente che consentono di analizzare e rievocare, con il favore del distacco temporale, uno dei periodi più bui dell’Italia repubblicana. Tra queste pubblicazioni si distingue, per originalità, il volumetto Omissione di soccorso. Il sequestro Moro, curato dal Caffè Letterario Mario La Cava di Bovalino e pubblicato da Città del Sole Edizioni, che, a differenza delle altre, raccoglie gli articoli dello scrittore Mario La Cava scritti proprio durante i 55 giorni del sequestro. Il volume è introdotto autorevolmente dal giornalista Valter Vecellio, vice caporedattore del TG2 RAI. Originale proprio perché attraverso questi scritti si riesce ad “ascoltare” una delle poche voci, a quel tempo, “fuori dal coro” che, con l’indipendenza che lo ha sempre contraddistinto, assume una posizione non “conforme” al comune sentire in merito all’opportunità di trattare con le Brigate Rosse come ultimo tentativo per salvare la vita dello statista.

A schierarsi a favore della trattativa furono, allora, i socialisti ed i radicali – sul fronte politico – e pochi intellettuali come Leonardo Sciascia e Mario La Cava, appunto.

Com’è sua consuetudine, La Cava nei suoi articoli non rinuncia alla sua natura di scrittore ed esploratore di sentimenti e, per esporre le sue posizioni, non si limita ad una mera narrazione dei fatti, ma privilegia l’aspetto umano, cercando di interpretare attraverso le lettere che Moro invia dalla prigione alla famiglia ed agli amici, il dramma di un uomo consapevole del pericolo a cui va incontro. Così come non rinuncia ad ascoltare la voce degli umili, dei suoi concittadini, riportando testimonianze, a volte sconcertanti, che denotano lo smarrimento e, spesso, la superficialità nel commentare una tragedia che ha rappresentato un punto di svolta nella storia d’Italia. 

Così scrive Valter Vecellio nella sua introduzione:

 «Quella di Aldo Moro, a ragione, è stata definita “una tragedia italiana”: la tragedia di uomini massacrati da delinquenti miopi che pensano di fare la rivoluzione con la canna di un mitragliatore o una rivoltella, i brigatisti rossi. Pericolosi, dogmatici, settari, qualcuno con un retroterra di maldigerite nozioni; ma fondamentalmente criminali miopi. In parti esatte. Ed è tragedia di verità pervicacemente negate, per indicibili interessi. Una “tutela” fatta di omertà e silenzi che durano da quarant’anni. Da quarant’anni ci si pone gli stessi interrogativi; da quarant’anni si cercano risposte; da quarant’anni gli stessi “vuoti”. Pochi, in quei giorni hanno saputo e voluto capire quello che accadeva, che si voleva accadesse. Pochi, e isolati. Inermi di fronte a un potere arrogante e incontrollato, ma non inerti. Animati da un comune sentire, una “amicizia” che era consapevolezza, senso cristiano nel senso più ampio del termine (il Cristo, per intenderci, del Discorso sulla montagna), capacità di vedere e ascoltare. Tra i pochi “giusti”; di allora, Mario La Cava. […]

I suoi scritti sono esemplari. Leggiamo per esempio quello che annota pochi giorni dopo il rapimento. Raccoglie gli umori di persone che mostrano di non comprendere bene la drammaticità della situazione. Nel loro dire si coglie solo un clamoroso distacco con chi fa della politica un mestiere, e una inquietante indifferenza verso quella che si suole definire “la casta”. »

Una esposizione, quella di La Cava, del tutto originale e quanto mai attuale, raccontata con lo stile di uno dei più autorevoli Autori del ‘900 italiano.

APPROFONDIMENTI

Presentazione al Salone Internazionale del Libro di Torino (video)
Presentazione FUIS – Federazione Unitaria Italiana Scrittori
Torino – Maggio 2018