Pagine di letterartura e sentimenti

  • Periferia, 2011

“Il sedici Novembre di 22 anni fa scendeva nella tomba lo scrittore Mario La Cava lasciando un vuoto nella sua famiglia, ed un senso di solitudine nella parte colta della società calabrese. Appena laureato, pur avendo a Roma parenti altolocati che evrebbero potuto aiutarlo ad occupare posti importanti, preferì trasferirsi a Bovalino, ben cosapevole delle difficoltà che deve affrontare uno scrittore del Sud per fare arrivare la sua voce alla comunità letteraria nazionale. Da Bovalino tenne rapporti epistolari con critici letterari, scrittori, poeti, filosofi e giornalisti di fama nazionale. Ricordiamo per tutti Leonardo Sciascia, ammiratore del suo stile, Carlo Emilio Gadda, Eugenio Montale, Ernesto Buonaiuti. Visse come un saggio greco e resta l’ultimo grande intellettuale della Magna Grecia. Come un filosofo stoico seppe accontentarsi di poco tenendo sempre la schiena dritta, non cercò mai visibilità nei salotti letterari borghesi, schivò gli onori e le cariche pubbliche, lesse fino alla morte i classici italiani, latini e greci, ma principalmente studiò l’uomo. Lo fece con amore ed umana comprensione, e non per spirito di tolleranza, ma perché convinto che l’essere umano sia ontologicamente fragile, anche quando assume i connotati dell’arroganza e della tirannia. Come un filosofo stoico ebbe la profonda convinzione che la vita necessita di poche cose essenziali per essere degna di essere vissuta. Per questo, pur provenendo da una famiglia piccolo borghese, scelse una vita semplice e frugale. Coltivò un rapporto sereno e rispettoso con scrittori più affermati e più fortunati di lui, senza invidia o gelosia. Amò la natura, manifestazione del divino mondo, rispettò tutti, ammirò l’universo infinito e misterioso che ci fa toccare con mano la nostra fragilità e la brevità della nostra vita.”

Prefazione di Bruno Chiné